Arte povera: cos’è, riassunto, caratteristiche, artisti, opere

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L’Arte Povera fu il movimento d’avanguardia più significativo e influente che emerse in Europa negli anni Sessanta (dal 1962 al 1972).

Raggruppò il lavoro di una dozzina di artisti italiani la cui caratteristica più distintiva era l’uso di materiali di uso comune che potevano evocare un’epoca pre-industriale, come terra, rocce, abbigliamento, carta e corda.

Il loro lavoro ha segnato una reazione contro la pittura astratta modernista che aveva dominato l’arte europea negli anni ’50, quindi gran parte del lavoro del gruppo è scultoreo.

Ma il gruppo ha anche respinto il minimalismo americano, in particolare quello che essi percepivano come il suo entusiasmo per la tecnologia. In questo senso l’Arte Povera riecheggia le tendenze post-minimaliste dell’arte americana degli anni Sessanta.

Ma nella sua opposizione al modernismo e alla tecnologia, e nelle sue evocazioni del passato, della località e della memoria, il movimento è spiccatamente italiano.

Concetti chiave

  • L’Arte Povera, pur essendo caratterizzata soprattutto dall’uso di materiali semplici e artigianali, non ne ha fatto un esempio a parte. Alcuni dei lavori più memorabili del gruppo derivano dal contrasto tra materiali non lavorati e riferimenti alla più recente cultura del consumo. Credendo che la modernità minacci di cancellare il nostro senso della memoria e tutti i segni del passato, il gruppo dell’Arte Povera ha cercato di contrastare il nuovo e il vecchio per complicare il nostro senso degli effetti del tempo che passa.
  • Oltre a contrastare il design tecnologico del minimalismo americano, gli artisti associati all’Arte Povera rifiutano anche quello che percepiscono come il suo razionalismo scientifico. Al contrario, hanno evocato un mondo di mito i cui misteri non potevano essere facilmente spiegati. Oppure presentavano accostamenti assurdi, stridenti e comici, spesso del nuovo e del vecchio, o dell’altamente lavorato e del pre-industriale. Così facendo, gli artisti italiani hanno evocato alcuni degli effetti della modernizzazione, come essa tendesse a distruggere esperienze di località e memoria mentre si spingeva sempre più avanti nel futuro.
  • L’interesse dell’Arte Povera per i materiali “poveri” può essere vista come legata all’assemblage, una tendenza internazionale degli anni ’50 e ’60 che utilizzava materiali simili. Entrambi i movimenti segnarono una reazione contro gran parte della pittura astratta che dominava l’arte nel periodo. La consideravano troppo strettamente legata all’emozione e all’espressione individuale, e troppo limitata dalle tradizioni della pittura. Invece, hanno proposto un’arte che era molto più interessata alla materialità e alla fisicità, e ha preso in prestito forme e materiali dalla vita di tutti i giorni. L’Arte Povera si distingue dall’assemblage per l’interesse verso modalità come la performance e l’installazione, approcci che avevano più in comune con le avanguardie del dopoguerra come il Surrealismo, il Dada e il Costruttivismo.

Artisti ed opere principali

Luciano Fabro

Arte Povera: La doppia faccia del cielo
La doppia faccia del cielo, Luciano Fabro (1986)

Luciano Fabro, artista italiano (nato il 20 novembre 1936, Torino, 22 giugno 2007, Milano, Italia), è stato raggruppato con il movimento d’avanguardia Arte Povera, che ha sottolineato “poveri”, o materie prime, anche se Fabro non ha mai pienamente accettato la caratterizzazione.

Al momento dell’ingresso nel gruppo dell’Arte Povera, Luciano Fabro era già un artista noto associato a artisti del calibro di Piero Manzoni e Lucio Fontana, due importanti precursori del movimento.

Tra le opere scultoree più note di Fabro si ricordano anche Il buco (1963), specchio con parte del fondo riflettente raschiato; Sisifo (1994), in cui un pezzo cilindrico di marmo lascia un motivo quando viene arrotolato in un rettangolo di farina; la serie Piedi, che comprende zampe e artigli di materiali come marmo e bronzo; e una serie di rilievi a forma di penisola italiana.

Fabro è stato oggetto di una retrospettiva di 25 anni al San Francisco Museum of Modern Art nel 1992, e nel 2001 il suo lavoro è stato presentato nella mostra itinerante “Zero all’Infinito”: Arte Povera, 1962-1972″.

Inizio dell’arte povera

L’arte povera nasce dal declino della pittura astratta in Italia e dal crescente interesse per le vecchie avanguardie del fare arte.

In particolare, il suo spirito è riconducibile a tre artisti:

  • Alberto Burri, la cui pittura a sacchi di tela di iuta, fornisce un esempio dell’uso di materiali poveri
  • Piero Manzoni, la cui opera prefigura le qualità dell’arte concettuale, e che reagisce contro l’astratto, Art Informel pittura
  • Lucio Fontana, la cui pittura monocromatica fornisce un esempio della potenza dell’arte che si riduce a pochi elementi e si concentra nel suo impatto.

Il termine Arte Povera è stato usato per la prima volta dal critico d’arte Germano Celant nel 1967 per descrivere il lavoro di un gruppo di artisti italiani. Nello stesso anno organizza la prima rassegna della tendenza, “Arte Povera e IM Spazio”, che viene allestita alla Galleria La Bertesca di Genova e che comprende le opere di Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Giulio Paolini, Pino Pascali ed Emilio Prini.

Tutto il lavoro ha fatto uso di materiali di uso quotidiano o “povero”. Ad esempio, Boetti’s Pile (1966-67) consisteva in una pila di blocchi di amianto; Fabro innalzava un compito quotidiano a livello artistico in Floor Tautology (1967), in cui un pavimento piastrellato veniva tenuto lucidato e ricoperto di giornali per mantenerne la pulizia; e nei Cubic Meters of Earth (1967), Pascali formava cumuli di terra in forme solide, utilizzando un materiale naturale ma “sporco” e costringendolo a linee pulite e innaturali in una critica al Minimalismo.

Nel complesso, l’organizzatore della mostra ha scelto di concentrarsi sull’intrusione del banale nel regno dell’arte, costringendoci a guardare in una nuova luce le cose irrilevanti del passato.

Solo due mesi dopo la mostra inaugurale, Celant scrisse Arte Povera: Note per una Guerilla War, un manifesto che ha aggiunto molti altri artisti alla sua lista iniziale: Giovanni Anselmo, Piero Gilardi, Mario Merz, Gianni Piacentino, Michelangelo Pistoletto e Gilberto Zorio.

Con questa dichiarazione, Celant si associa saldamente con gli italiani ad un nuovo movimento artistico, ma propone anche una definizione dell’Arte Povera più ambigua rispetto alla precedente iterazione.

La cosa più evidente è stata l’inclusione di Pistoletto, che con le sue opere a specchio ha incorporato elementi fotografici, un mezzo notevolmente evitato da altri membri del gruppo.

Note per una Guerilla War legarono gli artisti concettualmente (piuttosto che su qualsiasi base formale o stilistica) attraverso quello che Celant vedeva come il loro comune desiderio di distruggere “la dicotomia tra arte e vita”.

Concetti e stili

L’Arte Povera si distingue soprattutto per l’uso di materiali di uso quotidiano, materiali che contrastano con la sensibilità apparentemente industriale del Minimalismo americano.

Allo stesso tempo il movimento utilizzava tattiche sovversive d’avanguardia, come la performance, e approcci non convenzionali alla scultura, come l’installazione.

Nella loro missione di ricollegare la vita all’arte, gli artisti italiani dell’Arte Povera hanno cercato di evocare in ogni loro opera una risposta individuale e personale, sottolineando un’interazione tra lo spettatore e l’oggetto irripetibile e puramente originale.

Fondamentale nella formazione e nel successo dell’Arte Povera è stato Germano Celant, e in questo senso l’Arte Povera è tipica di gruppi d’avanguardia che hanno ricevuto un impulso e una coesione da una sola voce.

Di quella che spesso è una vaga somiglianza di idee e approcci, viene presentata un’apparente coerenza, e così gli interessi di un particolare gruppo di artisti possono essere promossi in modo più efficace.

Di conseguenza, le interpretazioni di Celant degli artisti associati all’Arte Povera sono rimaste prominenti e importanti, e Celant ha spesso sottolineato l’interesse degli italiani per la soggettività individuale.

Michelangelo Pistoletto, ad esempio, è noto soprattutto per le opere in cui le immagini fotografiche delle figure sono esposte su specchi; Celant descriveva un’opera diversa ma correlata, la semplice struttura metallica per stare in piedi mentre si parla (1965-66), come mezzo per creare un dialogo personale tra arte e spettatore, libero da qualsiasi preconcetto.

I primi lavori di Giovani Anselmo si basarono anche sull’interazione umana per sperimentare appieno l’arte, che fu costruita in modo flessibile per reagire al minimo tocco. Pino Pascali e Jannis Kounellis hanno descritto come vivere la vita attraverso la sensualità, coinvolgendo i sensi per creare una sensazione di meraviglia, come nei colorati e spigolosi Bristlewormms di Pascali, o l’installazione di animali vivi in Untitled di Kounellis (Dodici Cavalli).

Il pronunciamento più drammatico di Celant è stato salvato per gli igloo di Mario Merz, e forse rifletteva le sue speranze per le implicazioni dell’Arte Povera: “Egli compie un sacrificio costante dell’oggetto banale e quotidiano, come se fosse un Cristo ritrovato. Trovato il chiodo, Merz diventa la filistea del sistema e crocifigge il mondo”.

Sviluppi successivi

Celant riuscì a ritagliarsi un posto per l’Arte Povera all’interno dell’avanguardia. Illustrando un rapporto con il futurismo e il classicismo italiano, ma anche con stili più contemporanei come la Land art, ha dato al movimento un posto in quella che potrebbe essere considerata una tradizione vivente.

La sua mostra Arte Concettuale, Arte Povera, Land Art, tenutasi presso la Galleria Civica dell’Arte nel 1970, ha messo in mostra questa contestualizzazione. A quel punto, però, gli artisti avevano una presenza internazionale e stavano cercando di liberarsi del nome che li aveva associati a materiali poveri.

Per esempio, si sono opposti all’uso del nome “Arte Povera” nel titolo di un’importante mostra collettiva al Kunstmuseum di Lucerna; per sostituirlo, il curatore Jean-Christophe Ammann ha proposto “Visualized Art Processes”.

Nonostante la crescente popolarità, il movimento si dissolse a metà degli anni ’70, quando i singoli stili degli artisti italiani continuarono a crescere in direzioni diverse. La loro breve unità, tuttavia, aveva già lasciato il segno nella storia dell’arte, anche se la sua importanza non è stata pienamente riconosciuta fino a decenni più tardi.

A seguito di una rivalutazione degli anni Sessanta, con una maggiore attenzione da parte della critica ai movimenti esterni agli Stati Uniti, l’Arte Povera ha conosciuto una rinascita ed è stata citata come precursore di alcuni recenti approcci alla scultura. Valutazioni significative hanno incluso “Gravità e Grazia”: Arte Povera / Post-Minimalismo”, alla Hayward Gallery di Londra nel 1993, e “Zero all’Infinito”: Arte Povera 1962-1972″ alla Tate Gallery di Londra nel 2002.

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