<\/a>Lo stile di Mark Kostabi \u00e8 nato (meglio \u00e8 apparso) pi\u00f9 di vent’anni fa, quando l’artista era appena ventenne. Curioso: questo stile \u00e8 nato gi\u00e0 adulto, cio\u00e8 compiuta-mente formato.Lo conoscono tutti: si basa sulle tipiche figure biancastre, ben contornate, dal rilievo plastico formato dalle ombre.<\/p>\nIl volto, si sa, \u00e8 un ovale senza precisazioni fisiognomiche. Su questa tipologia sono costruite moltissime varianti: che formano ognuna un dipinto completo. Semplice? S\u00ec, fino ad un certo punto.<\/p>\n
Intanto occorre dire che Kostabi, prima di avviare il lavoro del suo atelier multiplo, ha disegnato e dipinto per anni in perfetta solitudine. Sono almeno duecento, forse trecento, i dipinti da lui eseguiti di propria mano, prima che subentrasse il metodo dei collaboratori. Gi\u00e0 in essi il suo stile era maturo.<\/p>\n
Esso nasceva, e nasce ancora, dall’osservazione attenta del mondo: sia del mondo fisico, sia del mondo dei modelli culturali. Si potrebbe parlare dei manichini di De Chirico: ma questa \u00e8 una delle tante ascendenze, forse nemmeno la pi\u00f9 importante. Credo che la prima idea, per le sue figure evanescenti, sia nata dall’uso del computer.<\/p>\n
La forma tonda si \u00e8 dilatata sullo schermo:ha assunto modalit\u00e0 dapprima biomorfe, poi antropomorfe. Quindi \u00e8 entrata in un racconto, raccogliendo sensazioni e memorie da ogni parte. Questo \u00e8 il metodo di Kostabi.<\/p>\n
Sulla base dell’archetipo da lui creato, sono uscite mille e mille “variazioni sul tema” (e lui, eccellente musicista, sa come si sviluppano le variazioni melodiche). Esse hanno riferimenti impensabili, particolarmente di origine psichica. Noi crediamo di “vedere”: in realt\u00e0 quel che vediamo non \u00e8 che un’interpretazione di modelli di consumo e di comportamento che in-consapevolmente assumiamo.<\/p>\n
Cos\u00ec Kostabi ‘vede’, o meglio ‘stravede’. Non a caso le sue figure sono senza volto. Egli stesso dice: “il volto \u00e8 vuoto proprio perch\u00e9 deve essere riempito dagli altri”. In altre parole, egli ha capito benissimo che l’ars maieutica, cio\u00e8 l’arte dell’interpretazione, \u00e8 oggi basilare: anzi, tende a sostituirsi alla creazione cosiddetta originanale.<\/p>\n
Noi interpretiamo sempre; quindi travisiamo. Ecco che i volti ‘vuoti’ vengono riempiti da noi: dalla nostra immaginazione. Anche questo \u00e8 stile: cio\u00e8 “Kostabi World”. L’arti-sta ci fornisce una chiave di lettura del mondo (lo si \u00e8 detto: un arche-tipo) e ci invita a ‘gioca-re’ con esso.<\/p>\n
E una propedeutica creativa: in fondo, un invito ad esse liberi. Ecco il perch\u00e9 del successo di Kostabi: le sue figure si muovono su scenari diversi, interagiscono, si scambiano, propongono soluzioni sempre diverse, rievocano, raccontano, indicano soluzioni. Non solo: ma lo stesso Kostabi, accettando la creazione (o ricreazione) dei suoi col-laboratori-assistenti, finisce per arricchire le immagini che poi propone al pubblico. Al fondo c’\u00e8 un mistero che noi siamo invitati a risolvere.<\/p>\n
Il caso della Gioconda di Leonardo pu\u00f2 essere emblematico in questo senso. Tutti noi abbiamo provato, sia direttamente al Louvre, sia di fronte a una riproduzione del pi\u00f9 celebre quadro del mondo, ad entrare in esso, a impossessarcene, a capirlo Invano. C’\u00e8 sempre qualcosa che ci sfugge. Ci sfugge materialmente come intellettualmente. Il mistero \u00e8 ‘sotto’. Kostabi lavora, mutatis mutandis, in modo similare.<\/p>\n
Le sue figure paiono amorfe, rigide coi manichini, prive di fisionomia riconoscibile sono persone che incontri per strada o tram. Ti passano vicino, scappano via. N sapresti riconoscerle. Eppure lasciano segno. Ti volti e non ci sono pi\u00f9. Ma la i mente ne \u00e8 stata, inconsciamente, assorbi La cosa strana \u00e8 che quelle figure ‘so Kostabi’. Sono sempre il suo ritratto che perseguita e con il quale sei costretto coabitare. Forse che questo non si avvicini al concetto di ‘stile’?<\/p>\n\n
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